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Anna Martellato - Photograph

Cinque giorni di gennaio 2018.
Oggi però, 5 gennaio, è un giorno speciale: La prima ora del giorno è in prestampa! (E lasciamo perdere che stanotte ho fatto un incubo in cui mi dicevano che il libro non usciva più in febbraio ma in maggio…).
Poi mi è venuta in mente una cosa: il 5 gennaio non è, in effetti, una data qualsiasi. In questo giorno, tanti anni fa, dopo la guerra, mia nonna e mio nonno si sposarono. Del loro matrimonio, celebrato a Rodi nella chiesa di Santa Maria della Vittoria che oggi è incastrata e sovrastata dagli alberghi, c’è solo una foto in bianco e nero un po’ mossa, non in posa. Una foto rubata.
Chi l’ha scattata doveva essere molto alto oppure ha alzato il braccio sopra le teste e, con la macchina fotografica in mano come ogni tanto facciamo anche noi per scattare i selfie, ha immortalato il momento. C’erano sorrisi, c’era il velo da sposa, c’erano dei fiori semplici. E, Dio, quanto erano giovani e belli.

Ho sempre amato molto le foto in bianco e nero: un fotografo una volta mi disse che sono quelle le vere foto, declassando in un nanosecondo il colore, quello con cui ci piace tanto giocare con i filtri grazie alle più svariate app disponibili sul mercato.
Oggi le foto si scattano e si dimenticano nella vastità fatta di GIGA del nostro cellulare, con il risultato che i nostri ricordi diventano una massa di click informe e indistinta, affollando il telefonino fino al prossimo backup.
La nonna le fotografie le conservava tutte in una scatola da scarpe, come racconto nel libro; scatola che aveva però rivestito con una carta da regalo (una con grandi fiori color rosa acceso), come volesse “elevarla di rango” e darle una nuova vita.

Quella più brava nelle foto però (e nel ricordarsi sempre i compleanni di tutti: amici, amici degli amici eccetera) è da sempre mia mamma. Abbiamo bauli (sì, bauli) zeppi di album, a testimoniare il tempo che passa e tutti i momenti vissuti che compongono la vita: quelli speciali, come compleanni, matrimoni, comunioni, cresime, Natale, Pasqua, oppure banali, che poi sono i più belli proprio perché sono normalissimi. Di una normalità che si fa eccezionale mano a mano che gli anni ti scorrono davanti agli occhi e sulla pelle.
Così in quelle foto che mia mamma ha conservato c’è l’ennesimo gioco d’estate con la pompa dell’acqua, io e papà che laviamo le sedie di plastica bianche per restituirle al giardino dopo l’inverno, il bagno al cane, mia mamma e mia zia, giovanissime e stupende, con i capelli pettinati come Lady D che ridono non si sa per cosa. Noi bambini (io e i miei cugini Francesca e Riccardo, che valgono come fratelli) che mangiamo un gelato fuori da un negozio, con la faccia tutta sporca di cioccolato.
Ho pensato che alla fine l’essenza della vita è proprio questa: ci concentriamo sull’importanza dei momenti speciali, ed è giusto farlo, dimenticandoci però di quanto sono forse anche più speciali gli attimi banali, di cui neanche ci ricordiamo.

Ho ricominciato a stampare le foto, e non solo quelle delle vacanze, perché un giorno voglio ricordarmi di tutti i momenti speciali, banali e bellissimi che ho vissuto.
Quando guardiamo una fotografia quel momento improvvisamente rivive non solo dentro, ma anche attorno a noi, portandoci in un’altra dimensione che non conosce le leggi della fisica e trascina con sé profumi, emozioni, cuori leggeri o cuori pesanti, quasi ci fosse data una seconda possibilità, con quella foto, di (ri)vedere attraverso le pieghe del tempo e tornare, per un attimo, un po’ lì. In un 5 gennaio speciale, fatto di sorrisi, velo da sposa, fiori semplici e tutta la vita davanti.
Ho deciso che anch’io conserverò i miei momenti banali, con cura e gelosia, in una scatola da scarpe, rivestita con una bella carta da regalo che la eleverà di rango.

Anna Martellato
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