Come una geisha

Qualche giorno fa ho visto un film, tratto da un libro, che si chiama Memorie di una Geisha.

Non sono una fan dell’estremo Oriente. Non so perché, ma è uno dei luoghi che non mi attira. Mi attira invece il Medio Oriente, l’Egitto e i suoi segreti, mi chiama in modo irresistibile quell’Oriente, o almeno una sua parte, che descrivo nel libro: la Grecia, la Turchia.

Per la prima volta sono rimasta affascinata da questo modo, il mondo delle geishe e la magica atmosfera del Giappone. Vuoi edulcorata, vuoi romanzata, vuoi descritta ad arte per il grande pubblico (sia la protagonista Sayuri, interpretata da Zhang Ziyi che il Direttore Generale, Ken Watanabe, non sono giapponesi, ma cinesi, per esempio), ma mi ha rapito.

Credo che ora leggerò anche il bestseller mondiale di Arthur Golden, incuriosita da quella realtà dimenticata, che mi ricorda con eco lontane La prima ora del giorno. Anche lì, proprio come in Memorie di una Geisha, si riflette e si racconta un mondo lontano, ma bellissimo, un modo che da lì a poco stava per scomparire.

Una frase mi ha stupito, e spero di ritrovarla nel libro. La protagonista Sayuri, una volta tornata in città dopo essersi allontanata a causa della guerra (cosa che le ha salvato la vita), vede un posto diverso da come l’aveva lasciato, con allegre donne ai lati della strada familiarizzare ancora più allegramente con gli americani. Ecco cosa ha detto:

“Ormai a qualsiasi passeggiatrice bastava dipingersi il volto di bianco, per essere geisha. La nostra cultura, il nostro mondo, erano scomparsi”.

Ho riflettuto molto su questa frase e non ho potuto fare a meno di pensare quanto, ancor di più oggi, questo sia vero. Viviamo in un mondo dove tutto è facile, tutto è dovuto, dove tutti possiamo fare qualsiasi cosa. E allora si falsificano i concorsi per entrare in facoltà dove dovrebbe entrare solo il meglio (Medicina e Chirurgia in primis), vincono le mazzette e le conoscenze al posto del merito, basta avere una bella voce per essere cantanti e così via.

È la società del desiderio diventato pretesa.

Guai a non avere sogni e ambizioni. Anche la piccola Chiyo (poi diventata Sayuri) ha un sogno, diventare geisha, sogno che persegue con tutte le sue forze e che le dà speranza. Proprio per questo dobbiamo mettercela tutta, per raggiungerlo, quel sogno. A volte, dobbiamo anche fare un passo indietro quando realizziamo che non è alla nostra portata. Ma se è quello che davvero sei destinato a fare nella vita, allora muoviti e fallo.

Quello che Sayuri intendeva dire è che l’essere geisha (medico, cantante, politico, scrittore, estetista, imprenditore e qualsiasi altro mestiere) costa.

Costa sudore, costa cadute, costa la fatica di rialzarsi e di andare avanti. Costa notti insonni, costa impegno, costa soldi e costa ammettere i propri limiti. Aggiornarsi, studiare, frequentare i corsi giusti, investire su sé stessi però non è mai denaro né tempo buttato.

Ecco perché, come una geisha, c’è un insegnamento che non va dimenticato: diffidiamo dalle strade facili. Per le cose che hanno un vero valore, quelle autentiche, non esistono scorciatoie.

Altrimenti, saremo solo passeggiatrici con la faccia dipinta di bianco.

 

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